“Consapevolezza significa prestare attenzione in un modo particolare, di proposito, nel momento presente e senza giudicare”
J. Kabat-Zinn
I bambini hanno una predisposizione naturale alla consapevolezza, che però diminuisce crescendo. Per mantenerla nel tempo è importante continuare a coltivarla durante la crescita.
La consapevolezza, in bambini e ragazzi:
- Può essere favorita o ostacolata a seconda dell’ambiente in cui crescono e degli adulti con cui si confrontano;
- Può essere insegnata in modo semplice, sin dall’inizio del percorso scolastico.
Infanzia e adolescenza sono fasi importanti per lo sviluppo degli adulti del domani e, secondo diversi studi sulla consapevolezza, si sono dimostrati una serie di benefici sociali, cognitivi ed emotivi per gli studenti di scuole elementari e medie.
Coltivare la consapevolezza lungo il percorso educativo:
- Promuove la creatività
- Sviluppa la concentrazione
- Migliora le prestazioni scolastiche
- Migliora le prestazioni sportive
- Sviluppa l’intelligenza emotiva
- Sviluppa la salute e il benessere mentale
Come educare alla consapevolezza?
L’educazione alla consapevolezza è esattamente ciò che sembra: l’inclusione mirata dei principi della mindfulness nell’educazione.
Gli obiettivi di questo tipo di educazione dovrebbero essere quelli di riuscire ad acquisire:
- Consapevolezza di sé
- Empatia
- Comunicazione consapevole
- Tecniche per calmare e focalizzare la mente
Il cambiamento dei metodi e dei giochi infantili rispetto al passato, che consistono in sempre più tempo trascorso davanti ad uno schermo, il bombardamento mediatico che ne consegue e un’interazione coi dispositivi tecnologici sempre più precoce, non favorisce uno sviluppo ottimale di una parte del cervello, lo dicono diversi studi (ve ne cito un paio se volete andare a curiosare: Zimmerdan&Christakis oppure Landhuis del 2007).
I bambini hanno bisogno di interazioni con l’ambiente circostante per creare le connessioni di cui necessita il loro cervello per svilupparsi.
Attività all’aperto, manipolazioni, interazioni con coetanei e animali stimolano il cervello a creare le connessioni di cui necessiteranno per tutta la vita. Al contrario, l’interazione con uno schermo propone esperienze virtuali che non possono essere equiparate a quelle reali.
Non solo non stimolano ugualmente i sensi, ma questi ultimi vengono privati di connessione sensoriale, rendendo così ancora più difficile mantenere l’attenzione su qualcosa.
Attualmente stiamo costruendo un mondo che coltiva la disattenzione in ragazzini e bambini e che fomenta il multi tasking: è necessario fare più cose contemporaneamente, passando da una cosa all’altra, senza avere il tempo di respirare tra un click e l’altro.
Sembrerà eccessivo come esempio, in effetti è portato al limite, ma mi serve per stimolare in voi una riflessione: quanto tempo lasciamo ai nostri figli per annoiarsi?
Vorrei che rispondeste con sincerità a questa domanda sotto nei commenti, perché mi piacerebbe innescare un interessante scambio, se vi va!
Un altro problema oggi è l’insorgenza di stress e ansia già nei bambini con pochi anni di età, i quali spesso assorbono inconsciamente ansia e abitudini nocive dagli adulti che li circondano e, crescendo, vanno ad influire sulla loro capacità di immagazzinare ed elaborare le informazioni e sulle loro prestazioni.
In aggiunta saranno bambini che non saranno in grado di riconoscere le emozioni che nascono in loro e non riuscendo a dargli un nome e a capire perché queste emozioni fanno parte del loro “bagaglio”, difficilmente avranno la possibilità di riuscire a gestirle una volta divenuti adulti.
Aiutare i bambini e i ragazzi a raggiungere la giusta consapevolezza delle proprie emozioni li renderà in grado di riconoscere le stesse emozioni negli adulti con i quali si troveranno a interagire nella vita privata e professionale, da adulti; questo li renderà maggiormente empatici e propensi ad avere comunicazioni efficaci e di qualità.